Abbattere Corviale? Meglio la rigenerazione della proposta Buontempo

pubblicato da Filippo

// 12 maggio, 2010 // articoli di giornale



Abbattere Corviale? Meglio la rigenerazione della proposta Buontempo

Non ha fatto ancora in tempo a insediarsi da nuovo assessore alla casa della regione Lazio che già Teodoro Buontempo, politico di lungo corso della destra estrema, ha cominciato a sparare le sue cartucce. Primo colpo: abbattere il Corviale. Non che l’idea sia nuova, per carità. Quasi un must per un neoassessore. Un eco a quanto era accaduto nell’aprile del 2008 quando il sindaco Gianni Alemanno appena arrivato in Campidoglio aveva annunciato di voler demolire la teca dell’Ara Pacis.

Ma per rigenerare il Corviale, quel serpentone lungo un chilometro e alto nove piani, progettato negli anni ’70 come modello di edilizia residenziale pubblica e divenuto poi luogo di degrado sociale e edilizio, uno scenario di trasformazione realistico già c’è. Dopo anni di dibattito politico e ideologico, l’Ater ha approvato infatti il progetto esecutivo di un intervento di micro-densificazione che prevede la ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso dei locali del 3°, 4° e 5° piano che Mario Fiorentino, architetto che aveva coordinato la progettazione del serpentone, aveva pensato come livelli liberi per attività artigianali, studi professionali e negozi, per tutta la lunghezza dell’edificio.

Il progetto è firmato dai quarantenni romani di T studio: è un intervento da 5 milioni di euro che riabilita a nuova vita quegli spazi dove i servizi non sono mai stati realizzati e che dieci anni dopo la costruzione sono stati occupati in modo abusivo. Un lavoro di micro-chirurgia in alternativa alla demolizione e costruzione. «Diventerà un piano verde – ha spiegato Guendalina Salimei di T studio – contiamo di ricavare nuovi alloggi con tipologie e metrature diverse, proponendo soluzioni sperimentali che integrano un sistema impiantistico che aumenta l’efficienza energetica, riqualificano gli spazi con la presenza di ballatoi e giardini d’inverno e la qualità complessiva sarà migliorata anche grazie all’uso del colore e al disegno degli interni».

Dopo anni di dibattito, di idee progettuali per abbattere o frazionare puntualmente la lunga stecca residenziale, ma anche di azioni di progettazione partecipata, si riaccendono i fari sul Corviale. «A prescindere da ragioni ideologiche – ha dichiarato l’assessore all’Urbanistica del comune di Roma Marco Corsini – ritengo che il Corviale sia un corpo edilizio che può diventare esempio di un processo di rigenerazione urbana. Se la Regione vuole intervenire può farlo trovando le misure opportune anche con il contributo dei privati a cui potrà offrire premi di cubatura. Fino a oggi la battaglia pro e contro la demolizione è stata ideologica, oggi l’Ater che è proprietaria del bene può impiegare la leva del comando e della finanza per agire».

In Italia gli edifici sotto i riflettori perché oggetto di degrado e abbandono sono numerosissimi, dalle Vele di Scampia alle torri di Leonardo Benevolo a Brescia, dai quartieri Erp di Reggio Emilia, agli edifici di via Artom a Torino sino al “bronx” di via Anelli a Padova. Ecomostri o strutture vuote e degradate difficilmente comparabili tra loro, ma tutte bisognose di un rinnovamento edilizio.

Si demolisce e ricostruisce quando gli interventi sono di scarsa qualità, quando il costo di gestione non è più sostenibile, quando gli edifici consumano troppo o sono elemento di degrado per le periferie. Ma esiste anche una via alternativa. «Da oltre trentanni in un paese vicino al nostro, in Francia, è in atto una politica di remodelage urbano – ha spiegato Carlo Prati, autore con Cecilia Anselmi del volume “Upgrade architecture” edito da Edilstampa (Ance) – e dopo aver spinto inizialmente per l’abbattimento di 200mila alloggi per ricostruirne altrettanti, dal 2004 la Francia ha iniziato a riflettere su un’alternativa sposando la linea della trasformazione al posto della demolizione. Abbattere è una semplificazione del problema, un buon progetto può dare una valore aggiunto a quello che già c’è».

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