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“Saneremo la ferita di Corviale”

// giugno 18th, 2010 // Commenti disabilitati su “Saneremo la ferita di Corviale” // articoli di giornale

Repubblica — 23 marzo 2006 pagina 2 sezione: ROMA

Vivremo in una città fatta per due terzi di verde, con 23 metri quadrati a testa di parchi e giardini. Abiteremo una capitale con 610 chilometri di binari per tre passanti ferroviari e quattro linee metropolitane fino oltre il raccordo, con 310 stazioni che metà dei romani raggiungerà a piedi da casa. Lavoreremo in una metropoli in cui 500.000 persone troveranno un’ occupazione indotta dalla rivoluzione urbanistica del nuovo piano regolatore, che attiva 40 miliardi di investimenti (stime Ecosfera). A volte fare i conti aiuta a capire. A comprendere com’ è che alla fine di una maratona istituzionale la città delle associazioni e delle categorie, degli industriali e degli ambientalisti, della politica e della cultura si sono trovate con un calice in mano a brindare. è «la più grande manovra urbanistica dalla storia di Roma Capitale», dice il sindaco Walter Veltroni ringraziando maggioranza e opposizione per «la concertazione e il clima istituzionale, un capitolo importante del modello Roma». Una manovra che coniuga «speranza, desiderio e sogno» in un piano che «ha accolto il 25% di 7.000 osservazioni “controdedotte”», cioè discusso fino alla noia e al particolare; che integra il «documento sulla partecipazione approvato il 2 marzo» vincolando alla consultazione continua dei cittadini nelle “case dei municipi” e nella “casa della città”; un piano che fa sue «la delibera sull’ edilizia residenziale pubblica per 22mila stanze» approvata ieri all’ alba, e altri provvedimenti per un totale «di 68mila stanze, pari a 22mila appartamenti che costituiscono il 23% del totale residenziale». Ancora, un Prg che ridisegna la ferita di Corviale destinandole «servizi per integrare e migliorare la vita dei suoi abitanti» e risparmiandole il piccone evocato da An; che risana il Laurentino 38 con «il recupero qualitativo e con la demolizione dei due ponti». Dalle “mani sulla città” del passato che brucia, dove i costruttori stiparono alveari oggi a rischio anche sotto il profilo statico, si passa alle scelte selettive di diradamento, con demolizioni e ricostruzioni: è accaduto in via Giustiniano Imperatore e potrà accadere a Marconi, al Tiburtino o al Tuscolano. Dall’ urbanistica che insegue i quartieri abusivi si arriva alla progettazione di 18 centralità metropolitane dotate di tutto, servizi culturali e amministrativi, sportivi e tecnologici. Lì si sono distese cubature più intense, 4,1 milioni di metri cubi alla fine di una cura dimagrante chiesta dai quartieri stessi, perché il cemento pioverà per arricchire, moltiplicando il gioiello che l’ era fascista realizzò all’ Eur, l’ unica centralità metropolitana che già esiste. Così l’ Eur di domani si fa in diciotto, da Acilia a La Storta, da Torre Spaccata a Ponte Mammolo. Intanto, il centro antico si allarga a “città storica” e passa da mille a 7.000 ettari, tutelando 25.000 punti di interesse. Nelle periferie nasceranno dai cittadini i piani particolareggiati per ridisegnare gli 80 “toponimi”, i quartieri abusivi degli anni Ottanta, mentre pubblico e privato collaboreranno finanziariamente nei “programmi integrati” per Torre Maura e Giardinetti, Ottavia o Torre Angela. Intanto, via libera alla grande architettura: dopo i gioielli di Meyer e Piano arrivano quelli di Fuksas, Hadid, Koolhaas… – PAOLO G. BRERA

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// giugno 18th, 2010 // Commenti disabilitati su “Saneremo la ferita di Corviale” // articoli di giornale

Ciao ciao!! Sono una ragazza che vive nel grande serpente, nata e cresciuta a Corviale. La cosa più urgente che serve sono nuovi investimenti nell’edilizia per rifare casa e modificare quelle che ci sono, nel senso che anche queste potrebbero essere migliori e tenute meglio… Bisogna investire molto e subito sulla manutenzione fisica dell’edificio. Corviali saluti!!

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Repubblica — 10 marzo 2007 pagina 2 sezione: ROMA

Oltre quarantuno milioni di euro per 222 palazzi. Queste le cifre del “progetto tetti” approvato ieri dal consiglio d’amministrazione dell’ Ater con il finanziamento della Regione. Per chi ama i numeri, l’ investimento è di 41.242.409,06 euro per 7.371 alloggi dei quali verranno rifatti tetti e coperture. Gli interventi sono previsti nei seguenti quartieri: Primavalle, Serpentara, Tufello, Valmelaina, San Basilio, Tiburtino-Casal Bertone, Rebibbia, Parco Tiburtino, San Vittorio Romano, Tiburtino III, Tor Bella Monaca, Tor de’ Schiavi, Torre Gaia, La Rustica, Quarticciolo, Laurentino, Acilia, Tor de’ Cenci, Spinaceto, Ostia Lido, Ostia Nord, Garbatella, Corviale, Borgo del Trullo-Monte Cucco e San Saba. Nei giorni scorsi l’Ater era stata al centro di un’ inchiesta di Repubblica che aveva denunciato la compravendita di alloggi popolari e le locazioni in Prati ad affittuari con redditi da 100 mila euro. Ora l’ex Iacp cerca di cambiare passo con questa maxi operazione. «Si tratta di un’importante opera di manutenzione straordinaria che segnerà una svolta nella vita di molti dei nostri assegnatari – commenta il presidente dell’Ater, Luca Petrucci – . Grande parte delle segnalazioni che ci arrivano dagli utenti riguardano il problema delle infiltrazioni d’ acqua, che provocano forte disagio a chi vive nelle nostre case. Abbiamo deciso, con i finanziamenti stanziati dalla Regione, di affrontare il problema una volta per tutte, aggredendolo all’ origine, ovvero coperture e tetti. Avremmo potuto, con quei soldi, scegliere la strada di interventi a tampone ma abbiamo preferito, in nome del rigore e del risanamento aziendale, operare su larga scala affrontando il problema dei problemi. Successivamente, con i soldi recuperati dalle morosità richieste agli inquilini, ci occuperemo del sistema fognario del nostro patrimonio. L’ obiettivo finale è una manutenzione eccezionale che duri nel tempo». Nella stessa giornata, ancora il cda dell’Ater ha deciso la messa in vendita di 361 negozi nelle zone più periferiche della città. «I locali – fa sapere ancora l’Ater – saranno proposti in vendita agli attuali locatari e, in caso di rinuncia da parte di questi, saranno messi in vendita con procedura di evidenza pubblica. Le delibere saranno visionabili, già dai prossimi giorni, sul sito dell’azienda, www.aterroma.it». «L’ intervento annunciato dall’Ater – dice il presidente della commissione Casa del consiglio regionale, Giovanni Carapella – va nella direzione che il consiglio regionale aveva auspicato, stanziando i fondi necessari. Proprio per il suo valore strategico il patrimonio residenziale dell’ Ater va riportato sotto controllo per intero e va difeso dalle speculazioni che ci segnalano ogni giorno, come quelle messe in campo dalle agenzie immobiliari che ormai mettono in vendita patrimonio come se si trattasse di immobili privati». – GABRIELE ISMAN

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// giugno 18th, 2010 // Commenti disabilitati su “Saneremo la ferita di Corviale” // articoli di giornale

Corviale vuole vivere e non morire!

Non è uno scempio, e i veri mostri sono coloro che ne chiedono l’abbattimento. Il quartiere non è un mostro da abbattere ma da recuperare al più presto.

Servono investimenti cospicui per riqualificare l’intero quartiere.

Da un trentenne,  fedele abitante del Serpentone.

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Repubblica — 09 dicembre 2005 pagina 60 sezione: CULTURA

ROMA – Lo chiamano “serpentone”. Ma se fosse davvero un serpentone, l’ edificio di Corviale sarebbe una rarità zoologica, il primo serpente che, vivo, se ne starebbe rigido e perfettamente lineare sdraiato come una stecca sul dorso di una collina. I serpenti sono flessuosi e invece Corviale si trascina questa analogia da quando è stato costruito, segno di quanto la sua percezione sia deformata (i lavori iniziarono esattamente trent’ anni fa, nelle ultime settimane del 1975: è a suo modo anche questo un anniversario). Eretto a emblema dell’ orrore metropolitano, il grande complesso ha l’ onore di essere effigiato ogni volta che si parla di periferie. Un duplice delitto a Rozzano, periferia milanese? La rivolta nelle banlieues parigine? Ecco che sui giornali e in tv scorre la sagoma di Corviale. Eppure Corviale non è un universo condannato a un infernale immobilismo, sul quale incomba solo una nube malavitosa. O un incubatore di ribelli. Sono sorti, negli ultimi tempi, una biblioteca comunale, un centro anziani, una palestra. Da qualche anno, poi, Corviale è un laboratorio di progetti urbanistici e architettonici che dovrebbero disegnare un futuro diverso dal degrado e dalle soluzioni estreme, sintetizzate nell’ invocazione: «Abbattiamolo». Secondo qualcuno, i progetti sono finanche troppi. Uno lo hanno elaborato gli uffici del Comune di Roma nell’ ambito dei cosiddetti Contratti di quartiere (ne è responsabile l’ architetto Mauro Martini). Un altro lo sta avviando in questi giorni un professore dell’ Università Roma 3, Pietro Ranucci, su incarico dell’ Ater (l’ ex Iacp, Istituto autonomo case popolari, proprietario dell’ edificio). Lo stesso Campidoglio ha poi affidato alla Fondazione Adriano Olivetti e all’ Osservatorio Nomade un altro progetto ancora, quello forse più innovativo, scritto insieme agli abitanti di Corviale. Gli elaborati sono arrivati a un punto di maturazione e nei primi mesi del prossimo anno verranno esposti in una mostra (ma non in Italia, in Olanda). Al lavoro svolto dedica un ampio servizio il nuovo numero della rivista Domus, introdotto da un articolo dell’ architetto Franco Purini. Nel frattempo si annuncia l’ arrivo di molti soldi, 34 milioni di euro, che dovrebbero interessare tutto il quartiere del Portuense, e non solo Corviale. Provengono dai Pru, Programmi di recupero urbano, nei quali il Comune confida molto, ma che sono oggetto anche di tante discussioni. I Pru sono alimentati in parte con soldi pubblici, ma soprattutto con soldi privati: il Comune autorizza la costruzione di case o di edifici commerciali e, oltre ai normali oneri pagati per le concessioni edilizie, si fa versare altre somme di danaro che servono a finanziare opere pubbliche nelle zone periferiche. è un meccanismo regolato da una legge nazionale. Il Campidoglio ne ha fatto un punto di forza dell’ intera sua strategia urbanistica (il nuovo piano regolatore adotta i Pru come un proprio pilastro politico-culturale). Ma in molti quartieri sorgono comitati che protestano: è possibile, si domandano, che il solo modo per avere buoni servizi sia quello di veder crescere altre costruzioni, realizzate dai privati e quindi a costi molto elevati e inaccessibili a chi ha davvero bisogno di una casa? Corviale è una barra lunga poco meno di un chilometro. Avrebbe dovuto raggiungere la cifra tonda, ma lo impedirono alcuni pali della luce. Si stende su 60 ettari e ospita oltre 6 mila persone. Non è solo un grande edificio di abitazioni. è il frammento di una città lineare che doveva comprendere asili, scuole, negozi, impianti sportivi, bar, ristoranti, un teatro all’ aperto sul modello della unité d’ habitation immaginata da Le Corbusier e dal grande architetto anche realizzata (a Marsiglia, per esempio). L’ edificio sorge isolato su un colle ed è avvolto dal verde della campagna romana, punteggiata di orti. Nelle intenzioni dei progettisti che assecondavano i dettati del piano regolatore, lì avrebbe dovuto fermarsi la città delle palazzine, dell’ abusivismo e della speculazione e Corviale sarebbe stato il bastione di Roma, affacciato verso l’ agro romano e verso il mare, come le mura ciclopiche di un comune medioevale. Qualcuno ha fatto notare che la data di nascita di Corviale coincide con quella in cui muore Pier Paolo Pasolini, segnando simbolicamente la fine di una fase epica della periferia romana. L’ idea di Mario Fiorentino, l’ architetto che dal 1972 al 1974 guidò la schiera di giovani e meno giovani progettisti di Corviale (la realizzazione fu completata nel 1982, l’ anno in cui Fiorentino morì), era che l’ imponenza fosse il prodotto necessario di un rapporto fra la città e l’ immenso spazio della campagna che si spalancava davanti. Il monumentalismo rispondeva anche a un bisogno di case – e di case popolari in particolare – che nei primi anni Settanta era acuto. Corviale è uno dei più importanti prodotti dell’ edilizia pubblica avviati a Roma con la legge 167 del 1962. Le previsioni del Comune erano imponenti: un piano varato nel 1964 prevedeva di acquisire quasi cinquemiladuecento ettari di suolo per costruire case che avrebbero ospitato 712 mila abitanti. Uno sforzo enorme per dare case a chi non le aveva, che poi si ridimensionò molto nel corso degli anni e che non si sarebbe mai più ripetuto, lasciando Roma e anche l’ Italia senza un patrimonio di abitazioni pubbliche degno di altri paesi europei. Le dimensioni di Corviale, in specie la quantità enorme di aree comuni che avevano necessità di continue manutenzioni, furono però anche il germe della sua crisi. Contenevano, secondo i suoi critici, la premonizione di un edificio ossessivo, fuori da ogni tessuto urbano, che trasformava la razionalità del suo impianto nell’ incubo di un complesso che mirava a essere autosufficiente, coi suoi negozi e le scuole, ma che in fondo era carcerario. Una specie di “istituzione totale”. Inoltre, si è detto, Corviale nasceva vecchio, sia dal punto di vista tecnologico, sia perché l’ idea di collettività che quell’ edificio proponeva stava tramontando proprio allora, mentre si aprivano gli anni Ottanta. Fiorentino è stato uno dei grandi protagonisti dell’ architettura romana del Novecento. Lavorò a molti quartieri Ina-Casa e realizzò il Monumento ai Caduti delle Fosse Ardeatine. Per Corviale, secondo Purini, «si ispirò al movimento moderno, ma anche agli edifici a ballatoio di San Lorenzo, oppure ai grandi complessi di edilizia popolare di via Andrea Doria o di via Sabotino, nel quartiere Prati, o a certo scenografismo alla Giovan Battista Piranesi. Lui aveva una concezione dell’ abitare come movimento eroico, voleva che il suo edificio fosse soprattutto una dimostrazione teorica, che non concedeva nulla alla privatezza o all’ agio». Corviale presupponeva una specie di comunità che si sarebbe autoregolata, che avrebbe fatto prevalere su quelli individuali gli interessi collettivi. «Ma Fiorentino arrivò fuori tempo massimo», spiega Purini: Corviale fu completato proprio mentre in architettura e altrove si imponeva il postmoderno, che faceva perno sull’ individuo e i suoi bisogni. Corviale è diviso in due corpi che corrono paralleli. Il primo di quattro piani, il secondo di undici. Il quarto piano dell’ edificio più alto doveva contenere il suo cuore, la materia collettiva, le sale di riunione, i servizi, ma fu il primo anello che saltò nella catena del progetto. Fu infatti occupato da famiglie che trasformarono abusivamente gli spazi in appartamenti. Cominciarono ex baraccati, sfrattati provenienti dalle borgate più vicine, ma poi si aggiunsero i figli degli assegnatari che crescevano e mettevano su famiglia. Attualmente sono centoventi le famiglie che si sono ritagliate il loro appartamento nei vuoti del quarto piano. Rotto il primo anello tutto l’ impianto prese a degradarsi. Le zone comuni erano vissute come zona di nessuno, quindi luogo di accaparramento per i più forti. Si spacciava, si ricoveravano i motorini rubati. Ma poi la microcriminalità si è assestata sulla media degli altri quartieri di Roma, né più né meno (più alta della media è invece la disoccupazione: quasi il 30 per cento). Come molti edifici di edilizia popolare, Corviale fu costruito con rigide tecniche industriali. Niente tramezzi, ogni stanza è un blocco compatto, prefabbricato, dove già è realizzato lo spazio per la porta e per la finestra. Si dipingeva direttamente sulle pareti, senza intonaco, con scarsissima resistenza al freddo e al caldo. E materiali così hanno iniziato a deperire quasi subito. Il progetto della Fondazione Olivetti e dell’ Osservatorio Nomade arriva dopo anni di dibattiti su cosa farci con questo imponente edificio che pare uscito da un frammento di Metropolis. Cominciò lo stesso Fiorentino, che prima ancora che Corviale fosse terminato restò come spaventato e provò a ingentilirlo. Poi arrivarono le proposte drastiche: buttiamolo giù, gridarono in tempi diversi Paolo Portoghesi e Massimiliano Fuksas. Il Comune si è sempre opposto e il sindaco Walter Veltroni reagì con durezza quando, un anno fa, fu il ministero per i Beni Culturali a inserire Corviale in un elenco di “ecomostri” da demolire. L’ Osservatorio Nomade ha avviato il lavoro due anni fa, con un finanziamento di 33 mila euro. Ha affittato un appartamento nell’ edificio e alcuni architetti ci si sono installati per osservare da dentro come era fatto e come gli abitanti lo avevano nel tempo trasformato, piegando l’ incombente rigidità delle sue forme. Hanno indagato, per esempio, nel mistero dei settantaquattro ascensori, la gran parte dei quali rotti e per riparare i quali era necessario chiamare la ditta di manutenzione che aveva sede a Salerno. Quando qualcuno restava chiuso dentro, arrivavano i vigili del fuoco e per liberarlo scassavano le porte che nessuno aggiustava. L’ idea che ha animato il progetto è stata quella di non precipitare dall’ alto una fredda ristrutturazione architettonica, ma di ridisegnare gli spazi insieme a chi li abita. «Corviale è una grande macchina di cui nessuno possiede il libretto di istruzioni», spiega Lorenzo Romito, architetto che insegna a Venezia, fra gli animatori dell’ Osservatorio Nomade. Una delle prime iniziative è stata TeleCorviale, una tv di condominio che tutti i giorni trasmette una piccola striscia di informazioni da e per gli abitanti, quasi si volesse scardinare il marchio di irrimediabile marginalità costruito intorno a loro. Poi sono arrivati artisti, installatori, musicisti. Fra le soluzioni architettoniche, il progetto prevede di trasformare in abitazioni regolari le abitazioni occupate, colorando d’ arancione, di blu, di verde e di bianco tutta la fascia esterna del quarto piano. Verrebbe poi adattata una vecchia idea dell’ Ater, quella di dividere verticalmente Corviale, in maniera da avere tanti condomini e non più un unico, continuo spazio orizzontale. Si dovrebbe intervenire sui ballatoi, che corrono lungo tutto l’ edificio e sul quale si affacciano gli ingressi. In molti punti sono stati chiusi con cancellate dagli stessi abitanti, un po’ per proteggersi un po’ per custodire un minimo di privacy, e così questo grande percorso ha perso il carattere di luogo collettivo che era invece nelle intenzioni di Fiorentino. Secondo i progettisti molte di queste divisioni possono essere conservate, ma anche trasformate in giardini pensili. Un intervento è previsto all’ esterno degli edifici, sulla lunga striscia di orti che hanno addomesticato la campagna e che potrebbero essere distribuiti meglio, consentendo il passaggio fra l’ uno e l’ altro. Aggiustamenti, dunque, niente che sconvolga la struttura. Un lavoro di cuci e scuci, molto rispettoso di cosa Corviale nel frattempo è diventato. Ma che non soddisfa un architetto come Purini, per il quale Corviale «è l’ opera più importante realizzata a Roma in tutti gli anni Settanta e una delle architetture più significative della produzione mondiale di quegli anni». Per Purini i progettisti dell’ Osservatorio Nomade avrebbero puntato «su un’ estetica del degrado». Corviale, secondo Purini, ha un solo problema: quello di essere portato a termine, seguendo le indicazioni di Fiorentino. Vale a dire liberare il quarto piano da coloro che lo occupano e installare lì i servizi che l’ idea originaria prevedeva. Non solo abitazioni, quindi: «Oggi ci vedrei case dello studente, residenze per anziani, uffici pubblici, sedi universitarie, persino centri sociali», prosegue l’ architetto. Il lungo lavoro di ascolto, come lo chiamano all’ Osservatorio Nomade, è concluso. E anche se continuano le discussioni su cosa diventerà Corviale, il pallino torna nelle mani di chi deve investire sul futuro di quello che Purini chiama «un gigantesco transatlantico orientato tra le ondulazioni del suolo romano, come il resto di una scenografia felliniana». – FRANCESCO ERBANI