Sorpresa: Corviale piace ai suoi inquilini

pubblicato da e.borghini

// 9 ottobre, 2009 // articoli di giornale



Corriere della Sera (5 gennaio 1996)

di FRANCESCO PEREGO
Corviale vittima innocente di un imbarazzante luogo comune? Il palazzo chilometro, costruito negli anni Settanta dall’ Istituto case popolari sulla via Portuense, e’ indicato da tutti come emblema di Roma sbagliata, caso limite della periferia che esaspera i conflitti, concentra il malessere, deprime la qualita’ della vita. Da tutti, tranne pochi specialisti di architettura, che ne hanno sempre difeso il progetto, e tranne gli abitanti, che ora inaspettatamente rivelano di non associarsi alla condanna. Parlano gli inquilini. Anna Francesca, operaia di una ditta di pulizie: “Le case non sono male, c’ e’ tutta la campagna. Mi affaccio alla finestra e mi pare di stare in villeggiatura”. Renzo, commerciante: “E un bello brutto; brutto esteticamente, ma molto funzionale. Per esempio ci sono le sale condominiali che sono bellissime”. Peppe, autista Atac: “Siccome e’ rinomato architettonicamente, alcuni artisti lo apprezzano. Noi non lo subiamo, lo viviamo! pero’ chiaramente non lo capiamo”. Le interviste fanno parte del materiale raccolto da Nicoletta Campanella nell’ ambito degli studi sulle comunita’ periferiche promossi dalla cattedra di Sociologia urbana di Franco Martinelli all’ universita’ “La Sapienza”, appena uscite in “Roma, Nuovo Corviale. Miti, utopie, valutazioni”, volume edito da Bulzoni. Cio’ che la ricerca sostanzialmente smentisce e’ che questo quartiere abbia creato un ambiente sociale particolarmente degradato. Per titoli di studio, tassi e tipologia di occupazione, i circa 3 mila abitanti di Corviale sono infatti perfettamente nello standard di tutta Roma, centro escluso, ed anche i loro comportamenti elettorali si allineano con quelli di altre zone della periferia consolidata (per esempio di San Basilio). Nulla indica che droga e criminalita’ vi alberghino in modo particolarmente perverso, e nemmeno e’ vero, contrariamente a una leggenda diffusa, che l’ architetto Mario Fiorentino, responsabile dell’ idea progettuale, si sia suicidato alla constatazione del danno arrecato alla citta’ . La verita’ invece e’ che Corviale, visto da vicino e da dentro, appare assai piu’ accettabile che pensato da fuori e da lontano. C’ e’ dunque una contraddizione, che forse racconta alcune cose sia sugli errori di pianificazione e di organizzazione, di patti economici e di scelte funzionali che nel nostro tempo hanno rotto la sintonia tra lo sviluppo della citta’ , specialmente dei quartieri intensivi, e l’ identita’ , le aspirazioni, l’ autorappresentazione dei gruppi sociali destinatari dei quartieri nuovi, sia sull’ inclinazione dell’ opinione pubblica a giudicare le trasformazioni urbane in modo quantomeno sbrigativo. Costruire Corviale e’ stato un errore. Non soltanto perche’ la preferenza delle famiglie romane per le case di piccola scala rende ingiustificabili i giganteschi quartieri popolari realizzati negli anni Sessanta e Settanta, a Corviale come a Spinaceto, Tor Bella Monaca e altrove, ma anche perche’ l’ Iacp, committente di quei progetti finanziati dallo Stato, doveva sapersi incapace di gestire la sovrabbondanza di verde e servizi profusa a contropartita della concentrazione degli alloggi. Pero’ all’ errore e’ stato posto parziale rimedio dal tempo, perche’ oggi gli inquilini di Corviale, come testimonia Nicoletta Campanella, “amano il mostro. Anche se non lo capiscono ne sono affascinati. Hanno quasi un senso di fierezza ad abitare in un palazzo cosi’ conosciuto, discusso e fatto oggetto di attenzione da parte dei media”. Ora il Comune sta per spenderci 8 miliardi in opere di completamento e riqualificazione. Si finira’ per riabilitarlo?

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