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L’impegno di preghiera e carità di due consacrate della Fraternità dell’Incarnazione, che dal 1997 vivono nella struttura destinata dal Comune all’assistenza alloggiativa
Matteo, 5 anni, gioca a pallone in strada, quando Paolo porta le nuove sedie per la Messa, dono di un istituto religioso. Donatella Nutini e Silvia Masini accolgono i loro vicini di casa mentre decorano le icone per un matrimonio. Scene di vita quotidiana nella palazzina B dell’ex residence Bastogi, a Torrevecchia, dove due giovani consacrate della Fraternità dell’Incarnazione vivono dal 1997 per iniziativa dell’arcivescovo Nosiglia, allora vicegerente della diocesi di Roma. E la presenza della Chiesa locale anche oggi si manifesta fattivamente con le frequenti visite pastorali del vescovo ausiliare per il settore Ovest, Benedetto Tuzia.
«Siamo una piccola comunità di vita contemplativa, fondata negli anni Settanta in Toscana da don Mario Cosmi – spiega Donatella -. Viviamo nei quartieri periferici delle città, condividendone la condizione di disagio e povertà. Una comunità di preghiera e di carità fraterna». Una presenza semplice, che a Roma si affianca alle comunità maschili di Corviale e dell’Idroscalo di Ostia.
Con i confratelli hanno ristrutturato alcuni locali che il Comune ha dato in uso alla parrocchia di Santa Maria della Presentazione. Hanno quindi realizzato gli arredi e l’altare della cappella e sistemato un giardino, trasformando il gabbiotto del gas abbandonato in un’edicola mariana. Con il tempo la gente ha cominciato a collaborare con queste «strane suore» senza velo che vivono in mezzo a loro per scelta, tengono la porta di casa aperta quando lavorano o pregano, assistono le persone anziane e malate, propongono una volta a settimana il Centro d’ascolto del Vangelo.
«Qui dobbiamo pulire», nota Giulia, 11 anni, guardando il fango sul vialetto. Mentre i palazzi hanno l’intonaco scrostato, i citofoni rotti, l’acqua calda intermittente e le famiglie vivono assiepate in 50 metri quadrati. La loro è una vita sulla soglia, in attesa di stabilità. «Dire precaria è un complimento», interviene Emiliano, che da 18 anni abita in una di queste 6 palazzine costruite 20 anni fa come residence. Occupato abusivamente, fu acquistato dal Comune, che lo destinò all’assistenza alloggiativa di circa 500 famiglie. Una sistemazione provvisoria in attesa di una casa popolare. «È tutto da legalizzare – spiega Dodi -. Non ci sono assegnazioni vere. Le istituzioni sono assenti». Bastogi non è isolato dalla città, è servito dagli autobus, ci sono le scuole e i negozi sono vicini. «Siamo noi a non essere centrali per gli altri – commenta Ludovico -. Facciamo paura, ma qui ci conosciamo tutti, ci aiutiamo, c’è solidarietà».
Umanità sincera nel degrado e nel disagio sociale che segnano le strade. Due campetti abbandonati sono il punto di ritrovo dei ragazzi, oltre ai portoni dei palazzi. Invece del parco giochi è arrivato un parcheggio, vuoto. Da qualche anno ci sono un asilo nido convenzionato e un centro per persone disabili. «Vorremmo un quartiere più pulito, con meno problemi, senza droga», sogna Noemi, 12 anni. È di agosto un’operazione della Polizia con l’arresto di 5 spacciatori: le dosi salivano e scendevano dai balconi con un filo. «La dispersione scolastica è molto alta – aggiungono le consacrate -. Tanti non finiscono le medie e alcuni genitori non mandano i figli neanche alle elementari». Un aiuto è il doposcuola dell’associazione «Nessun luogo è lontano», nella sala accanto alla chiesa, dove la domenica il collaboratore parrocchiale don Luca Filippi celebra la Messa. La disoccupazione pesa su chi si sforza di vivere onestamente. C’è chi si organizza con un banchetto nel mercatino dell’usato accanto.
«Vivere qui è una grande ricchezza e una grande scuola – concludono le consacrate Silvia e Donatella -. Gesù abita veramente a Bastogi. Qui si impara la povertà, il silenzio nell’ascolto, la preghiera continua e l’annuncio della Buona Novella con le opere. Ce lo chiedono le persone».
da Roma Sette, 12/09/2011
di Emanuela Micucci