Intervista al Presidente del XV municipio Gianni Paris

pubblicato da Filippo

// 28 gennaio, 2012 // articoli di giornale



Passati in rassegna i problemi più rilevanti di un territorio popolato quanto il comune di Reggio Emilia

Riportiamo l’intervista gentilmente rilasciata da Gianni Paris, Presidente del XV municipio al suo ultimo mandato.
 
Il Municipio XV è popolato quanto il comune di Reggio Emilia. Quartieri come la Magliana, il Trullo o Corviale  nell’immaginario collettivo sono considerati quartieri  poco sicuri.  Si tratta di pregiudizi fondati o di leggende metropolitane?
 
Assolutamente la seconda. Anzitutto sono quartieri popolari densamente abitati. In questo senso Corviale rappresenta davvero un “unicum” a livello nazionale. Quartieri che non meritano l’immagine che il resto della città  e del paese ha di loro; pagano il prezzo di un pregiudizio dovuto a fatti che con essi non hanno mai avuto niente a che fare (si veda la banda della Magliana) ma ha che tuttavia hanno segnato un’etichetta. Si tratta di quartieri popolari che, invece, dimostrano una grande umanità, una grande capacità di autorganizzazione, di lotta sulle questioni civili e ciò che hanno ottenuto è frutto dell’impegno collettivo, dell’organizzazione delle proteste; quartieri che, anzi, nel tempo hanno acquisito gli anticorpi per le zone vicine della città in cui certi fenomeni sono diffusi. In questi anni, per ribaltare questa idea, io ho lavorato molto puntando su due aspetti fondamentali: lo spirito identitario e il senso di appartenenza. Perché più ci si sente orgogliosi del quartiere che si abita e più lo si rappresenta e si vive meglio.
Alla Magliana è stata realizzata una possente opera di riqualificazione. In primo luogo operando sull’elemento centrale, vale a dire con la realizzazione della piazza dove, per miracolo, tra tanti palazzoni era rimasto uno spazio vuoto; una piazza faticosa perché si è trattato di eliminare 300 posti auto in una zona dove non ci sono garage e che  presenta una densità importante con i suoi di 30 mila abitanti. Una  piazza, la piazza Fabrizio De Andrè, che è diventata luogo umano e di incontro (uno spazio di cui tutti i quartieri non centrali avrebbero bisogno) e che oggi è stracolma di persone che la vive in tutte le sue forme e consente lo svolgersi di numerose iniziative di  tipo sociale, culturale, sportivo e ricreativo. Il fatto di averla intitolata a Fabrizio De Andrè  ci ha consentito, dall’anno successivo, di organizzare il Premio dedicato al cantautore scomparso: un evento importante anche a livello nazionale (unico Premio ufficiale dedicato a De Andrè), con la presenza in giuria di Dori Ghezzi. Inoltre, abbiamo istituito una scuola di musica, realizzato la fermata metro FR1 Fiumicino-Fara Sabina, aperto due nuovi  asili nido, recuperato notevoli spazi di verde per i cittadini. Tutte cose importanti per far parlare della Magliana in modo diverso dai giornali e dall’opinione pubblica
 Analoga cosa è stata fatta a Corviale, dove la proprietà del palazzone non è del Municipio ma della Regione. Un quartiere che abbiamo fatto uscire da quell’isolamento culturale e simbolico che gravava su di esso realizzandogli attorno la sede del Municipio col suo Consiglio municipale, l’ufficio tecnico e l’ufficio anagrafico, il gruppo dei vigili urbani, un impianto di rugby, una grande biblioteca, un centro di formazione professionale. Tutte decisioni che hanno conferito al quartiere una grande importanza e costretto negli anni la popolazione a recarsi lì per sbrigare una pratica, scoprendo un quartiere diverso da quello raccontato e mettendo in pista una contaminazione positiva che oggi, anche di Corviale, fa parlare in altro modo. Riguardo al giudizio estetico sul palazzone non sta alla politica stabilire se un palazzo è bello o brutto: la politica deve occuparsi delle ricadute sociali che, eventualmente, quel tipo di gesto architettonico produce.
 
Il problema della sicurezza è stato percepito a lungo come fenomeno legato alla microcriminalità causando colpevoli ritardi nella lotta alla grande criminalità e alle mafie che inquinano libero mercato e concorrenza. Ci sono sul territorio presenze riconducibili a tali fenomeni? Quali sono le iniziative di contrasto che, nel caso, può assumere il Municipio? 
 
Un terreno molto delicato quello della sicurezza. Il nostro sindaco ha vinto le elezioni puntando  sul terrorismo psicologico e politico, rappresentando una città sull’orlo del baratro. Promettendo agli elettori grandi interventi di carattere risolutivo ha voluto infondere sensazioni di maggior sicurezza, la cosiddetta sicurezza percepita rispetto a quella reale. Mi pare che ci troviamo di fronte a un clamoroso fallimento della sua politica, non solo perché Alemanno non aveva gli strumenti necessari, ma perché aveva dato del fenomeno una lettura distorta. Roma, nonostante tutto, rimane la città più sicura tra le grandi capitali europee. Sembra chiaro come il sindaco abbia tradito in pieno la fiducia che gli elettori gli avevano dato. Io penso che il fenomeno sicurezza vada affrontato tenendo distinte le funzioni e le responsabilità: le forze dell’ordine, anche se in accordo con la politica devono garantire sistemi di sicurezza legati alle loro funzioni; poi, alla politica spetta un altro compito, che non è quello di dire al prefetto dove  mandare i cellulari, ma operare nei quartieri per creare quelle condizioni di sicurezza preventiva che contrastano l’affermarsi di situazioni di insicurezza. Ciò attraverso l’attivazione di servizi, punti d’incontro, illuminazione delle strade, attraverso le presenze organizzate dei cittadini. Perché laddove si partecipa la sicurezza è sempre maggiore; se si rimane rinchiusi dentro casa la sicurezza, in qualche modo (sia la sicurezza reale che quella percepita), viene meno. Neppure su questo l’Amministrazione non ha fatto nulla di sensato. Nel mio Municipio, in questi anni, se pensiamo al Trullo, l’unica risposta data all’incendio del bar dei romeni (una risposta qualificante per quel quartiere) è stata proprio quella del Municipio, con l’attivazione di un centro giovanile di aggregazione. Abbiamo fatto una cosa simile a Corviale e alla Magliana, aggredendo queste situazioni delicate con gli strumenti della politica. Ma siamo stati soli, nessuno ha investito un euro per contrastare eventuali fenomeni di degrado. Se poi pensiamo alla questione dei campi nomadi, siamo di fronte a una vera tragedia. Noi avevamo in via Candoni  il miglior campo nomadi della capitale al quale, tra l’altro, ha fatto visita anche il presidente della repubblica romeno di passaggio a Roma. Il Campidoglio ha pensato  bene di chiudere Casilino 900 e di trasferire, senza preavviso nè organizzazione, una quota di quei rom nel campo di via Candoni. Sommandoli ha creato una situazione di ingestibilità, con la presenza di centinaia di persone in più rispetto a quelle previste, sciupando un clima di distensione e mandando all’aria un accordo che funzionava davvero. Tutto ciò, oltre al pullulare di insediamenti abusivi e spontanei nel territorio, triplicati rispetto al 2008 e di fronte ai quali non si riesce a fare nulla, se non attuare sporadici interventi di sgombero senza prospettive che fanno spendere risorse importanti, tra cui le decine di milioni che la comunità europea ha messo a disposizione della città,  per risolverlo, il problema, non per spostarlo da un’altra parte.
 
Si  dice che una delle grandi insidie per le cosiddette “nuove povertà” è rappresentata  dall’usura, fenomeno che non colpisce solo la persona ma l’intero tessuto economico. Esistono sportelli antiusura nel Municipio XV?
 
Abbiamo costruito una rete di commercianti organizzati, con i quali abbiamo un dialogo costante, e abbiamo spinto altri ad organizzarsi, in modo da rappresentare un unico soggetto con cui dialogare. Nessuna richiesta di questo tipo è finora è venuta da loro. Il fenomeno comunque c’è e noi cerchiamo di contrastarlo con una serie di iniziative, soprattutto nella zona Marconi, che mirano a non farli sentire soli. Anche per dare il segnale, a chi pensa di utilizzare l’usura come strumento di arricchimento, che dietro quel commercio c’è un’ istituzione.
Questa domanda,  alla quale ha già parzialmente risposto, si ricollega alla prima. Risulta che in alcuni quartieri del Municipio sia in atto un positivo fermento socio-culturale e sportivo promosso dalla società civile (operatori, associazioni, comitati) per la riqualificazione  e il  miglioramento della qualità della vita nel territorio. Quale ruolo svolgono (o hanno svolto) le istituzioni, e quindi il Municipio, per favorire e sostenere tali tendenze.
 
Sì, un po’ le cose dette prima… Oltre alla puntualità con la quale siamo presenti alle sollecitazioni che ci vengono dall’associazionismo, noi garantiamo tre istituzioni di alto livello. Il teatro del Municipio, l’Arvalia, nato per richiamare l’attenzione su un territorio che si organizza per produrre un’offerta culturale di alta qualità, con un cartellone molto interessante  e che da anni ce la mette tutta per non sopperire alle difficoltà strutturali; l’apertura di una scuola musicale, in cui vengono praticati prezzi, davvero popolari, che riescono a mantenere l’eccellenza della docenze; uno spazio museale e convegnistico come il Mitreo. Tre iniziative che la dicono lunga su come il Municipio intende la politica culturale. Più che spendere su cose effimere, magari di bell’impatto ma che la mattina dopo ci lasciano solo lattine vuote e cartacce per terra e ognuno rimane privo di quelle opportunità di crescita culturale, sportiva, musicale, noi abbiamo preferito investire su qualcosa di strutturale, che resta e dà i suoi frutti nel tempo.
 
Il nuovo Piano Regolatore prevede uno sviluppo urbanistico importante nel suo Municipio. Crede che tale scelta sia compatibile con uno sviluppo sostenibile, con la tutela del territorio adeguatamente infrastrutturato per accogliere i nuovi previsti insediamenti?
 
Il  Piano Regolatore è nato in anni in cui il Municipio aveva voce in capitolo e le sue posizioni, in Campidoglio, venivano ascoltate. Quindi, quel Piano Regolatore è anche il frutto della nostra elaborazione. Noi siamo stati il Municipio che ha prodotto emendamenti che per il loro numero rappresentano più della metà degli emendamenti complessivi. Devo dire che abbiamo veramente studiato, scandagliato il territorio, sia per capire dove c’erano i margini per maggiori insediamenti o dove un nuovo insediamento avrebbe rappresentato una chance per i vecchi, magari abusivi; sia  in termini di servizi che in termini infrastrutturali.
Abbiamo votato la variante delle certezze, che ha fatte salve vaste aree di verde, e  potuto imporre la strategia di una mobilità sostenibile attraverso il nostro Piano Regolatore  della ciclabilità.
Io sono dell’idea che Piano Regolatore regola e nel regolare dà sì, all’imprenditore e ai privati, la possibilità di crescere, produrre nuovi beni e nuova ricchezza, ma se l’Amministrazione non mette in campo una sapiente opera di contrattazione o di finanziamento di servizi e infrastrutture adeguate a sostenere quello sviluppo, tutto salta in aria. E’ vero che nel Municipio arriveranno cubature importanti. E noi, tra l’altro, ci siamo fatti carico anche della “compensazione” di Tor Marancia: una decisione “subìta” ma accettata responsabilmente perché oggi il parco di Tor Marancia si può fare. Però, se poi vengono tradite le aspettative ci troveremo costretti di nuovo a fare proteste, a organizzare i cittadini, a raccogliere quello che non va.
 
Qual è la posizione del Presidente e della sua Giunta rispetto alla proposta del governo Monti di eliminare i compensi per le cariche municipali dalla prossima consigliatura?  E’ in atto nel Municipio un’azione diretta alla riduzione dei “suoi” costi della politica?
 
Ciò non è più vero perché l’emendamento fatto elimina anche per la prossima legislatura questa possibilità. Ho ritenuto sacrosanto (e lo riterrò nel futuro) fare un’opera di dissuasione laddove, paradossalmente, davanti a costi e sprechi della politica coloro che venivano colpiti erano proprio quelli che lavoravano dalla mattina alla sera sul territorio di cui sono espressione, per sanarne i conflitti e i ritardi. L’essere considerati la casta del paese faceva davvero male, per cui è questione di dignità, non di economia, e soprattutto è questione  legata alla considerazione che la politica deve avere dello sviluppo della città. Perché azzerare i compensi significava azzerare il decentramento. Questa giunta pensa e agisce in modo incoerente. Se pensa che Roma deve essere gestita dal centro e non può essere gestita da Municipi che forniscono solo carte d’identità, sarebbe errore clamoroso, che si tratti di Municipi di centro destra o di centro sinistra L’unica strada prevedibile per sanare i gravi ritardi di  Roma nella sua organizzazione è uno spinto decentramento. Se  si crede di lavorare sui tagli andando a colpire la base, come al solito si fa un grave errore. Dopodiché, se ci fosse stato un ragionamento complessivo, dal Presidente della Repubblica all’ultimo dei consiglieri, ognuno avrebbe fatto la sua parte, sapendo di stare dentro una politica di risparmi condivisa. Il Municipio fa la sua parte. Noi siamo un municipio virtuoso, che fa un uso equilibrato d tutte le risorse assegnate: non rimandiamo mai indietro un euro in economia; da anni abbiamo il tetto fotovoltaico su l’impianto pubblico più grande di Roma; abbiamo lavorato per creare sistemi di recupero dei crediti, senza fare cose straordinarie, ma che però hanno prodotto dei risparmi e quindi un arricchimento consistente per la popolazione durante questi anni.
 
Lei, secondo la legge, non essendo più rieleggibile, ha già annunciato che si candiderà a ricoprire la carica di consigliere nella prossima Assemblea capitolina. Quanto è importante per un Municipio avere un referente in Campidoglio? Vista la sua esperienza quali suggerimenti darebbe al prossimo candidato a presidente del centro sinistra che verrà presentato nel XV Municipio?
 
E’ stata un’esperienza faticosa ma appassionante, avvincente, colma di soddisfazioni. Ma tutto il patrimonio di questa esperienza lunga e profonda sono pronto a considerarlo non sufficiente per far bene anche in Campidoglio. A chi mi succederà raccomando soprattutto una grande, grande passione: senza passione questo lavoro così faticoso non si fa; di saper leggere dall’alto le dinamiche di trasformazione del territorio; di avere un’idea di città quando si amministra una città come il XV municipio, e quindi di non accontentarsi mai; di primeggiare negli interventi di modernizzazione e sperimentazione. Solo così una città come Roma va avanti,  solo quando si cerca di guardare oltre la linea dell’orizzonte.
Ritiene che i candidati alla presidenza del Municipio, almeno quelli  del centro sinistra, debbano essere scelti attraverso le “primarie”?
Per le cariche istituzionali le “primarie” sono il giusto strumento, purché non se ne esasperi il significato. Penso che il centro sinistra dovrebbe dar vita a “primarie” anche nel Municipio: “primarie” serie, condivise, che non siano luogo di conflittualità ma di arricchimento per tutti.
Dopo 15 anni di governo del Municipio che lettera scriverà ai cittadini  per salutarli?
Innanzitutto scriverei un arrivederci, non un addio. Se ci saranno le condizioni per svolgere un ruolo in Campidoglio continuerò ad occuparmi del territorio perché  è il mio territorio, ne sono figlio, lo abito, ne sono affezionato. L’appello che mi sento di fare è di non sprecare quello che è stato fatto, anche se molto c’è ancora da fare; soprattutto di non perdere di vista la nuova caratura che ha assunto in questi anni il Municipio, anche grazie a un’opera di marketing territoriale. Faccio due esempi: la nuova sede della Fiera di Roma e il Teatro India. Per la sua posizione strategica, ospitando l’asse più importante che è la Roma-Fiumicino, il Municipio XV è stato capace di attirare grandi investimenti. In questi anni, quando si pensava che con lo sdo Roma si dovesse sviluppare a est,  noi abbiamo imposto alla città un radicale cambiamento di posizione, affermando che il collegamento con il mare e l’aeroporto non poteva considerarsi secondario.  Il nostro  lavoro è stato premiato e ora questa nuova caratura del Municipio è patrimonio di tutti, sia per chi siede in Consiglio che per coloro che lo abitano e lo vivono. E dobbiamo lavorare tutti insieme affinché questo patrimonio non vada dissolto.
da abitarearoma.net, 28/01/2012
di Alvaro Colombi

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